Il primo tour del quartiere

Associazione Parco Segantini è la nostra prima tappa del tour. Non si poteva partire da luogo più bello e speciale.

Al nostro arrivo troviamo ad accoglierci un gran movimento di mani intorno a una grande sfera appesa, costellata di piante e di verde. È parte di We Planet, un progetto di sensibilizzazione sul tema della sostenibilità e della salvaguardia del pianeta.

“Prevede di confezionare 100 globi da sistemare in diversi angoli della città di Milano e di venderli poi all’asta per finanziare la costruzione di un parco giochi proprio in questo parco” ci confida una volontaria. Arriva il nostro cicerone, il presidente dell’associazione. Il signor Casalegno, uno di quei signori con la S maiuscola, che non smetteresti mai di ascoltare.

“Noi siamo l’Associazione Parco Segantini, vi racconto un attimo la storia. La questione è questa. Una volta costruiti questi immobili questo parco era una landa desolata e qui inizia la nostra storia: progetti approvati e questo terreno che era abbandonato. Prima era zona agricola dell’attività del Sieroterapico (…) Qui c’erano i cavalli e gli animali della fattoria. Man mano il Sieroterapico ha perso valore e hanno giocato a vendere l’azienda per realizzare la parte immobiliare. Qui c’è stato un passaggio. Le lavandaie del naviglio non potevano più stare lì nel vicolo e qui avevano messo dei capannoni e ci erano venute a lavorare le lavandaie dei navigli. La cascina è ancora quella lì in fondo, è stata abbandonata e si è fatta tutto un percorso (…) alla fine della vicenda, quella cascina era riservata a progetti strepitosi. 2400 metri quadrati. Noi abbiamo messo in piedi un’idea di soluzione proposta al comune, ma per ora è ancora lì”.

Il Sig. Casalegno è appassionato nel racconto e ci tiene incollati lì, in ascolto: “Abbiamo creato un comitato, un gruppo di cittadini – non tutti abitanti dell’intorno – abbiamo fatto un progetto nostro. Abbiamo fatto una riunione di guerra con due assessori della giunta Pisapia. Con loro abbiamo iniziato ad avere un rapporto ed è venuta fuori un’idea. Nell’amministrazione pubblica non sono abituati a lavorare per fasi, ma per noi è stato così. Abbiamo iniziato con i viali, degli alberi e poi siamo andati avanti. Poi abbiamo sottoscritto due concessioni con l’amministrazione: una che riguarda l’orto e una che riguarda l’oasi. Oltre a questo, hanno fatto tantissime altre cose. Con l’Istituto Tecnico Feltrinelli abbiamo cominciato a lavorare sull’ambiente. Abbiamo costruito in IoT (internet delle piccole cose) una centralina di rilevazione della qualità dell’aria”

Ci mostra la centralina e scherza: “non abbiamo interpellato architetti (…) L’abbiamo messa in rete, chiunque la può costruire insieme a noi o a casa propria. Abbiamo fatto l’elenco dei materiali che servono per costruirla. Rileva tutti i PM. 3 PM Nox, Cox, nh. Ha un’antenna che trasmette in rete”. L’associazione ha lavorato su due linee: tecnica e chimica dell’aria. Hanno preparato materiali per spiegarlo alle scuole elementari e anche agli adulti. “L’obiettivo è mettere in grado le associazioni di lavorare su questi temi” ci confida il presidente. La seconda linea è quella più formativa e laboratoriale. Organizzano workshop con genitori e bambini per costruire centraline insieme.

La rete che hanno costruito in questi anni è fitta e densa; lavorano con Bosco in Città, con Parco Nord, con Ritake, con Cascina Biblioteca, scuole, con l’Università degli Studi di Milano Bicocca.

Altro tema d’interesse dell’associazione è quello del cibo e dell’alimentazione, continua il Sig. Casalegno. “Siamo partiti dai nostri prodotti e abbiamo lavorato con degli esperti. Per l’orto noi non abbiamo bisogno di mettere la chimica, ma non siamo dei fondamentalisti del biologico. Abbiamo imparato a cucinare, sono venuti dei cuochi. Dei cuochi cinesi per insegnarci a fare il ripieno dei ravioli, degli altri per insegnarci a fare la sfoglia. Noi abbiamo scommesso sul fatto che non vogliamo una sede. Finché è estate stiamo qui e quando è inverno ci facciamo ospitare. “Noi non facciamo niente, tutto quello che facciamo lo facciamo con gente esperta e le reti che facciamo, le facciamo solo su cose concrete. Cosa devo dirvi di altro?”.

Tante cose, ci verrebbe da rispondergli! Ci facciamo condurre a visitare fisicamente tutti gli angoli più nascosti del parco, tentando di strappare ancora qualche narrazione al presidente.

Ci addentriamo nell’oasi, attraverso il percorso dei 5 sensi, incontriamo una casetta costruita sull’albero, per i bambini e con i bambini. Poi una roggia. Continuiamo a passo spedito, ci accomodiamo su panchine di legno apparentemente essenziali, ma comodissime. Ci dirigiamo verso gli orti urbani condivisi, ultimo angolo del parco da esplorare, passando per giochi artigianali in legno costruiti per i bambini. “Noi siamo degli sfaticati, avete visto: pacciamatura, abbiamo tutti gli impianti di irrigazione automatica. (…) Abbiamo coordinatori per ognuno dei tre orti. Propongono alle persone il piano di produzione, organizzano il lavoro e ognuno fa un po’ quello che vuole. Quando è ora di raccogliere abbiamo l’uomo del monte che ha, a differenza nostra, competenze tecniche. (… ) Il nostro è un sistema liberatorio, ognuno prende quello che ritiene opportuno”.

Incontriamo un super ortista che raccoglie erba cipollina “la metti nella zuppa?” scherza il Sig Casalegno. Un ultimo sguardo a piante, erbe aromatiche, frutta verdura e persino a uno stagno con le ninfee ed è arrivato il momento di salutarsi. Per ritornare, ovviamente. Il lavoro della terra così come tutte le azioni portate avanti dall’associazione, apre al tema della condivisione, al fare insieme come pratica che crea comunità. E quella intorno al Parco Segantini è una floridissima e bellissima comunità da sostenere.

Partiamo dal parco Segantini e in dieci minuti di camminata scandita da tante chiacchiere, arriviamo in via Meda.

Poco dopo il ponte, ecco che approdiamo a Lapsus. Entriamo. È un posto bellissimo, ci si sente subito a casa. Alice e la sua famiglia sono indaffarati, tutti i tavoli sono occupati, chi legge un libro, chi sorseggia un cappuccino. Ci accomodiamo nel loro spazio esterno e, fatte le dovute presentazioni, si parte subito con una riflessione sul quartiere, “un quartiere in trasformazione” lo definisce una delle partecipanti al tour.

“Noi lo stiamo vedendo anche in questi anni come sta cambiando la zona. Quando abbiamo aperto noi – che è solo quattro anni fa, ma sembra molto più tempo – qui c’erano un sacco di attività chiuse e la via era molto diversa. Mentre stavamo aprendo c’erano un sacco di piccole attività che stavano arrivando” ci racconta Alice.

Allora, cominciamo dall’inizio. Lapsus è una realtà familiare, ci dice Alice e tutti i soci vengono da percorsi molto diversi. Alice era libraia. “Di libri, di solo libri, è molto difficile vivere oggi”. Mettendo insieme le forze hanno deciso di aprire Lapsus, con l’idea iniziale di creare una sola libreria per bambini e con la convinzione che la caffetteria, con la sua offerta di prodotti di qualità, biologici e preferibilmente a Km0, avrebbe avuto un ruolo chiave per la sostenibilità. Alice ci confida che il progetto è cambiato molto proprio ascoltando le esigenze, i bisogni, i desideri delle persone che il quartiere lo abitano e vivono quotidianamente. “Ancora prima dell’apertura c’era tanto affetto e ci chiedevano ‘ ma solo una libreria per bambini? Gli adulti non lo considerate?’”.

Lapsus è un posto bello e deliberatamente bello! Doveva essere un posto in cui le persone avessero piacere a passare del tempo e, anche solo da un primo incontro, ci viene da dire che siano riusciti in questo intento. Nel 2016 nasce Lapsus, accolto con grande affetto. “Dopo quattro anni possiamo dire di essere molto felici di essere qua”.

La selezione della zona è stata un po’ una scelta e po’ dettata dalla fortuna. Come tante piccole realtà che provano ad avviare attività che ospitano progetti innovativi a Milano, anche Alice e soci hanno fatto fatica a trovare dei muri a prezzi abbordabili. Lo spazio di Lapsus è di Aler, parte dello stabile di via Spaventa. Hanno partecipato a un’asta pubblica, hanno vinto, ristrutturato tutto e, dopo quasi un anno, Lapsus era pronto.

Chiediamo ad Alice di raccontarci un po’ il quartiere. “La periferia si sta sempre più spostando. Questo è un quartiere in grandissima trasformazione. Quando abbiamo aperto tutti ci dicevano ‘oddio, via Spaventa, la famigerata via Spaventa!’…ma quando abbiamo aperto ci hanno accolto tutti molto bene. Probabilmente c’era bisogno di un posto così. Un posto bello dove potersi incontrare. Con molti dei nostri clienti abbiamo creato rapporti di amicizia. E la nostra clientela è fatta principalmente da abitanti della zona: studenti, professionisti, mamme con i bambini”.

Alice ci confida che, probabilmente, se non fossero stati una realtà così radicata sul territorio e se non avessero goduto di tutto quell’affetto da parte degli abitanti della zona non sarebbero riusciti a lavorare così bene dopo la riapertura post lockdown. Lapsus ha lavorato anche durante il periodo di piena emergenza sanitaria in realtà, con le consegne a domicilio, rinforzando ulteriormente i legami con il territorio in cui sono nati e cresciuti e partecipando, come accaduto per molte altre realtà, di un processo collettivo di rivincita del commercio di prossimità.

Prima della diffusione del Covid organizzavano conferenze, presentazioni di libri e lavoravano molto con scrittori esordienti. Speriamo tutti, con Alice, che possano riprendere presto a organizzare queste attività! Lapsus è sempre uscito poco dalle sue mura – anche se ha partecipato a iniziative come il Libro sospeso, a manifestazioni quali “Hai visto un re” – perché “è impegnativo” ci confida Alice “è un posto in cui non si finisce mai di lavorare: caffetteria, libri, il lavoro di tenersi aggiornati sulle nuove uscite, i contatti con gli editori, i social media, le recensioni. Poi c’è la parte contabile, i fornitori…è un lavoro decisamente impegnativo. È un’esperienza che ti dà tanto e ti assorbe tanto”.

Le chiediamo di raccontarci quelli che secondo lei sono i bisogni, le mancanze e le risorse – tanto commerciali, quanto sociali e culturali – del quartiere in cui Lapsus vive. “Non mi sembra ancora una zona in cui le persone abbiano piacere a uscire a fare una passeggiata. Manca un po’ questo tipo di atmosfera. Forse è solo una sensazione in realtà, perché se uno si prende la briga di andare a visitare anche solo le vie qui intorno ci sono tantissime realtà molto carine e molto curate. Ancora non c’è quella coesione che ho visto in area San Gottardo”.

Avremmo ancora mille domande da porre e una voglia infinita di rimanere a Lapsus, ma il tempo scorre inesorabile. È ora di far tornare Alice alla sua operatività e, per noi, di mangiare. Uno dei partecipanti al tour lancia la proposta di andare da Gilda, trattoria storica, di quelle che trasudano storia e incontri. Alice approva e a maggior ragione, ci fidiamo! Un giro tra i libri e partiamo per esplorare ancora il quartiere, assaporandolo.

Portineria 14 è semplicemente essere gentili con le persone.

Dopo il lauto pranzo di quartiere, ci dirigiamo verso Portineria 14, un posto speciale con una vetrina che si affaccia in via Troilo vicino a Conchetta, attendiamo un po’ che Francesca arrivi curiosi di entrare e conoscerne la storia. Dopo aver parcheggiato il suo motorino, Francesca ci apre e ci accoglie, ci fa sedere, si prepara un caffè “così intanto mi sveglio”, le raccontiamo perché siamo lì e così inizia a raccontarci la sua storia.

Quello che si fa a Portineria 14 è semplicemente essere gentili con le persone, Portineria “è la gentilezza” dove si fanno piccole azioni gratuite con l’obiettivo di ricreare la fiducia reciproca tra le persone, si fanno cose carine per altri gratis, senza pretendere nulla in cambio. Francesca e le sue colleghe, lo fanno mentre lavorano al bar che è l’attività principale, ma nel contempo ad esempio ritirano i pacchi per chi ha bisogno in quartiere perché spesso le portinerie o non ci sono o sono a mezza giornata.

Tengono le chiavi di casa a chi gliele lascia e trovano gli artigiani che servono a chi passa di lì e ha bisogno di un lavoretto in casa, funziona per l’imbianchino ma anche per la babysitter, il dog sitter, persino la badante. In fondo, dice Francesca, l’idraulico del quartiere già lo è, semplicemente va a fare un lavoro da una persona in più. Francesca e le sue socie organizzano mostre di arte coinvolgendo anche alcuni artisti locali, le mostre ovviamente sono gratuite. Poi si fa distribuzione di libri e per prenderli non è necessario consumare. Il giovedì, inoltre, c’è il banco alimentare gratuito dove si regala la spesa alle persone.

Ma Portineria 14 è una SNC, non una Onlus o un’Associazione, e non prende soldi da nessuno “tutto quello che facciamo lo facciamo noi con l’aiuto del quartiere”. Grazie alle persone riescono a portare avanti di fatto un progetto che va avanti da quattro anni. Tante sono le collaborazioni, da poco hanno iniziato una collaborazione con Casa Arcobaleno e Casa Jannacci, ritirando le coperte e i vestiti per i meno abbienti. Francesca va personalmente in via Pichi o in via Gola a recuperare vestiti e scarpe da chi ha di più e può donare a chi ha di meno. Quel quartiere è particolare, ci spiega, una parte è molto benestante un’altra non lo è per niente, sembra un altro mondo.

Quella parte di Naviglio nasce come quartiere popolare che poi negli anni si è modificato diventando d’élite, ma per fortuna la parte popolare è rimasta, le persone partecipano e se c’è la chiave giusta le persone interagiscono, ci racconta.

Portineria 14 vuole semplicemente rigenerare fiducia reciproca tra la gente partendo dal presupposto che chiunque arrivi in quel luogo e faccia una domanda, possa trovare risposta. Ad esempio può capitare che arrivi qualcuno con una gamba rotta che chieda di portargli la spesa tutti i giorni a casa, ebbene ci si organizza per accontentarlo. Le persone che arrivano non sono solo clienti ma sono alla fine amici, non si entra solo per consumare ma si cerca sempre di capire chi è, se ha voglia di chiacchierare, e quasi sempre si instaurano molte sinergie umane. In fondo, basta aprire la porta e la gente entra perché “non è il classico locale sui Navigli” è proprio più una casa.

Tante volte dicono a Francesca che ha sbagliato mestiere perché non è un’imprenditrice, ma lei spiega che dentro sé sente molto di più la parte sociale. Le chiediamo così se la definirebbe un’impresa sociale, ci dice che sì, potrebbe esserlo, anche se in realtà è una SNC che paga le tasse, per fortuna i muri sono in affitto e sono di proprietà dell’Aler, per questo l’affitto è agevolato. Certo non è facile perché quel che si guadagna a fatica permette di pagare l’affitto.

Portineria 14 è una realtà unica in Europa e forse nel mondo, ci racconta Francesca e in tanti sono arrivati da tutta Italia chiedendo informazioni su come aprire una realtà simile ma Francesca non si stanca di spiegare loro che non è un’attività vera e propria quella della portineria e che una portineria la può fare chiunque basta solo avere la voglia di mettersi in gioco.

Fare questo letteralmente è “dare un pezzetto di te a qualcuno”. Chi si fa spedire i pacchi deve fidarsi, come chi glieli spedisce, è un rapporto che deve essere reciproco. Qualcuno dei partecipanti interviene e dice che c’è una bella attitudine nel rendere le persone fragili uguali agli altri e Francesca lo conferma. Spiega che se da un lato ci sono le signore bene del Naviglio sedute a un tavolo e dall’altro l’homeless, è perché per loro tutti sono uguali, non sono diversi e questa dovrebbe essere la vita di tutti, tutti dovremmo essere gentili, cortesi e capaci di aiutarci.

Quello di Francesca è un sogno perché, ci spiega, se ognuno volesse cambiare rendendo migliore un pezzettino del mondo, il mondo cambierebbe davvero. Ed è proprio così facendo che sono riuscite a rendere le persone meno diffidenti creando una vera rete di quartiere. Quasi fosse tutto destinato, perché, ci dice, al bisogno poi miracolosamente arrivava sempre qualcuno a rispondere o a donare delle cose utili agli altri. È una questione di energia universale, se ti muovi nella direzione giusta vieni aiutato e Francesca è sicura che questo bar, nel suo piccolo abbia fatto tantissime cose.

Ovviamente saremmo rimasti ad ascoltare il suo racconto e a fare mille domande, ma l’appuntamento successivo al cantiere di Argelati del Consorzio Cooperative Lavoratori con Giuseppe, ci ha costretti a salutarla ripromettendole di tornare in quel posto così prezioso.

L’iniziativa edilizia è promossa da una cooperativa che si chiama CCL cerchicasa

Ultima tappa del nostro tour, arriviamo verso le 17.00 in via Argelati dove ci aspetta Giuseppe Failla, vice-coordinatore del progetto che ci sta per raccontare. La giornata è stata ricca di incontri ed esperienze, il sole ancora illumina, nonostante inizi a fare fresco. Ci posizioniamo davanti alla porta di ingresso del cantiere che è molto vicino al parco Segantini visitato la stessa mattina, non possiamo entrare per rispettare i protocolli soprattutto in tempi di Covid.

Dopo una breve introduzione, sia da parte di Super che di Gruppo CAP, Giuseppe inizia il suo racconto  con il sottofondo dei muratori che stanno lavorando, nonostante sia sabato.

L’iniziativa edilizia è promossa da una cooperativa che si chiama CCL cerchicasa, ci racconta, che prende il nome dal Consorzio a cui è affiliata: il CCL. Ma cos’è CCL? È un consorzio di cooperative di abitanti che nasce 45 anni fa e ha costruito in città di Milano e provincia 14.000 alloggi. Della famiglia di CCL fanno parte SSA, una cooperativa di gestione condominiale e servizi all’abitare e Noicoop, promotrice insieme a Super dei tour, e che è un’associazione di promozione sociale che si occupa di alimentare, a partire dalla cultura, la vita condominiale promuovendo iniziative e laboratori per identificare quali attività i soci, insieme, faranno negli spazi comuni attivando anche attività di scambio tra abitanti e quartiere.

SSA e Noicoop vengono raccontati nel percorso che viene fatto con i soci in fase di progettazione. Una cooperativa di abitanti è formata da persone che hanno un bisogno abitativo e decidono di mettersi insieme per fare la propria casa in un rapporto mutualistico. I vantaggi sono innanzitutto economici perché vi è la pura ripartizione dei costi e non si fanno utili. Il secondo vantaggio è quello di partecipare a tutte le fasi della costruzione e quindi delle varie decisioni tanto che i soci entrano nei consigli di amministrazione delle cooperative e fanno parte di una commissione soci e questo è un modo per partecipare a tutto il percorso.

In molti diranno che di cooperative ne abbiamo sentito parlare e non sempre bene, ma c’è cooperazione e cooperazione, il CCL ha invece una lunga storia ed è promotore di una serie di scelte come il codice etico, l’adesione alla carta dell’Habitat di Confocooperative, ma soprattutto non esiste una cooperativa senza soci, non si avvia una iniziativa se non c’è l’80% dei soci e non si acquistano le aree se non è concluso l’iter autorizzativo e se non c’è il permesso di costruire. In questo modo i soci vengono tutelati senza che si utilizzi prima il loro denaro.

Giuseppe ci spiega che Argelati ha una storia particolare, nasce in un quartiere molto interessante e molto ambito, proprio lì vicino c’è un’altra iniziativa di CCL in Ripa, come anche in via Pichi, è un’area in cui si sta costruendo molto. Argelati, in particolare, è un’iniziativa di edilizia libera con tre edifici, 56 alloggi e 68 box. Si realizzeranno anche delle opere di urbanizzazione molto importanti, la prima su via Argelati addolcendo la curva e rendendo il percorso lineare.

In via Argelatina, invece, che è così soprannominata dal team di lavoro ci dice Giuseppe sorridendo, verrà realizzata una pista ciclabile che unirà il parco Segantini al parco Baden Powell, facendoci vedere le baracche di cantiere, Giuseppe ci racconta che lì ci sarà una piazzetta privata, cioè di proprietà del condominio ma ad uso pubblico. Il costo dell’alloggio è di 3150 euro al mq, gli edifici hanno altezze differenti e sono stati progettati dall’architetto Vincenzo Gaglio e dall’architetto Luca Mangoni, famoso anche per le sue performance artistiche in quanto figurante di Elio e le storie tese. La fine dei lavori è prevista per la fine del 2021,”la stessa data prevista per la realizzazione dell’edificio del Gruppo CAP” dice Silvia, ma quella di Argelati è una iniziativa partita nel 2012, uno dei pochi svantaggi in cooperativa è proprio quello del tempo, perché spesso bisogna fare i conti con l’iter autorizzativo e in questo caso è stato molto complicato.

L’area è stata caratterizzata inoltre da un importante intervento di bonifica, e due metri sotto a dove ascoltiamo Giuseppe passa uno dei canali fognari più importanti di Milano che va al depuratore e proprio per questo è stato messo in sicurezza.

Inoltre, il primo progetto è stato modificato per un vincolo della Sovrintendenza, il secondo progetto è stato rivisto, il terzo progetto è quello definitivo che prevede quattro sale comuni di cui due sono condominiali, una è il deposito delle biciclette coperto. Uno dei presenti chiede se ci sono anche le cantine, che chiaramente sono previste, dice Giuseppe. Poi c’è un’altra sala che oggi è condominiale ma che si sta lavorando affinché possa essere convenzionata. Grazie al lavoro di Noicoop, insieme ai futuri abitanti si deciderà l’uso degli spazi comuni attraverso una serie di incontri, tali usi saranno normati da un regolamento d’uso che verrà allegato al regolamento condominiale. Giuseppe, ci racconta anche che la Cooperativa, in accordo con SSA, ha deciso di fornire un defibrillatore che verrà installato in portineria e che sarà disponibile anche per il quartiere.

I partecipanti, rapiti dal racconto di un processo così vario e diverso dal solito, fanno qualche domanda e qualcuno addirittura scambia con Giuseppe i contatti per avere qualche informazione in più. Sono le 17.30, è stata una giornata densa e così ci salutiamo andando ognuno per la sua strada.